Secondo Sean Part, Senior Clinical Lecturer e Consulente Logopedista da anni particolarmente coinvolto sul tema ” Trans & Gender Diverse Voice & Communication, Speech Sound Disorder (SSD) e Developmental Language Disorder” e sulla rappresentazione LGBTQIA+ nel discorso e nella professione del Logopedista, esistono dei vantaggi chiave nel fornire terapia vocale di gruppo a coloro che cercano una voce più strettamente allineata con il senso di sé:
- Le Persone Trans potrebbero aiutarsi a vicenda per cambiare e monitorare la loro comunicazione.
- I workshop potrebbero anche fornire supporto sociale, consentendo alle persone trans di incontrarsi in un ambiente rilassato
- Non ci sarebbe bisogno di ‘scegliere un genere’ e conformarsi ai ruoli di genere tradizionali nei laboratori. Alcuni individui trans non si identificano con nessun genere, mentre altri desiderano cambiare il genere in momenti diversi
A parte l’ovvietà per cui è importante proporre iniziative professionali dal momento che spesso le persone trans non avendo trovato accesso alla terapia vocale fornita da professionisti, si sono rivolte a Internet o a persone non qualificate per un consiglio il che le ha portate a seguire pratiche potenzialmente dannose (abuso delle corde vocali, ad esempio), tra i vantaggi elencati, trovo molto interessante e attuale il riferimento alle situazioni nelle quali non è per forza ricercato un “passaggio”.
La maggior parte delle persone che conosce appena la Comunità LGBTAIA+, rispetto in particolare alla situazione delle Persone Trans, pensa che la questione in gioco sia la capacità di “passare” di coloro che si identificano come transgender e desiderano inserirsi nel binario dell’espressione maschile e femminile come inteso dalla cultura mainstream e cisnormativa. La questione del “passaggio” è complessa e ha una serie di presupposti che si riferiscono alla cis-normatività, ma è pur vero che in molte situazioni c’è il desiderio autentico di convalidare la propria identità al fine di ridurre l’incongruenza di genere che sperimentano. La voce parlata è uno di quei segni di identità che viene letto dalla cultura dominante come significante di genere. Dunque pur riconoscendo che esiste un movimento molto reale all’interno delle comunità trans e non binarie per decostruire questi indicatori culturali, è bene dare spazio a questo desiderio molto reale delle persone e aiutarle a adattare la voce alla propria espressione autentica. Ricordando però, come dice Sean, che non si tratta di un dogma e che occorre liberarsi dall’idea che le caratteristiche vocali siano di genere.
L’idea che le nostre voci abbiano un genere è obsoleta quanto l’idea che le parti del nostro corpo abbiano un genere. Loro no, noi sì. È il nostro senso interiore del genere ciò che conta, ciò che è reale ed è valido. Le caratteristiche individuali delle nostre presentazioni possono essere modificate per allinearle ai nostri generi, ma esse stesse non sono intrinsecamente legate al genere.
Le caratteristiche vocali sono estremamente individuali. Molti aspetti, come ad esempio la frequenza della voce, che sono così spesso collegate alla percezione del genere da parte dell’ascoltatore, hanno sovrapposizioni e variabilità attraverso lo spettro di genere. Nonostante ciò che il binarismo di genere porta tutti a credere, che ci siano frequenze maschili o femminili. Mentre “la frequenza” della voce misurata strumentalmente si basa su una misura binaria, la qualità della voce, concettualmente, è un costrutto non binario. Vale a dire, mentre il tono è numericamente binario, ma non ci sono assegnazioni di genere associate all’hertz. Nessuno può sentire un suono e dire “quel suono è femminile” o “quel suono è maschile”. Tutti i suoni sono proprio questo, suoni.
Quando pensiamo al suono in assenza di genere, ciò che sentiamo è una bella serie di note, rumori, strilli, toni, segnali acustici, gorgheggi e segnali. Nella misura in cui accettiamo che il genere non è frutto di un semplice binarismo naturale, dobbiamo anche riconoscere che la voce di genere è complessa, multidimensionale e socialmente costruita.
Il concetto di intersezionalità, inoltre, riconosce che ogni aspetto dell’identità di una persona è necessariamente collegato alle altre sue identità, in modo tale che il genere non può mai essere esaminato da solo ma deve essere inteso come intersecante legato a età, classe, “razza” ed etnia e altri elementi del sé. Quando pensiamo alle nostre voci come all’intersezione delle nostre identità, possiamo ottenere la massima qualità di autoespressione.
Per impegnarci in una Terapia Vocale efficace dobbiamo quindi aprirci all’indeterminatezza, anche se in uno spazio sicuro costruito insieme al@ logopedista. Può sembrare scomodo e delicato perchè ci porta ad affrontare le nostre insicurezze, che riguardino la voce o qualsiasi altra cosa. In ogni caso, la voce è uno strumento incredibile che possediamo per esprimere quella vulnerabilità e quindi prenderne il controllo. Una volta che riusciamo ad articolare i nostri desideri sulla modellazione della presentazione vocale in modo che si allineino meglio alla presentazione di noi stess@, potremo iniziare a liberare la nostra voce.
Non dovrebbe essere compito di nessun professionista dirti come apparire, suonare o essere. Il lavoro che farai con il/la tu@ Logopedista è profondamente personale e di grande impatto. Solo tu puoi dire come dovrebbe suonare la tua voce. Nessuno conosce te stess@ o il tuo genere meglio di te. Mettiamo da parte i preconcetti su genere e voce. Lavoriamo per farti risuonare e sentirti più simile a te .